C’è un momento che ritorna ogni anno, puntuale come un orologio.
Le giornate iniziano ad accorciarsi, l’aria cambia, le vacanze sono ormai archiviate.
E una sensazione sottile, difficile da definire, si insinua: una strana inquietudine, l’ansia del “rientro”.
Non è semplice nostalgia per l’estate.
È qualcosa di più: il timore di non essere pronti a ricominciare, la pressione di dover tornare “produttivi”, la paura che i mesi a venire ci travolgano.
Gli americani l’hanno battezzata “September Scaries”.
Una dinamica psicologica ricorrente
Non si tratta di un capriccio stagionale, ma di un meccanismo profondo.
Il nostro cervello non ama i passaggi netti: tende a vivere i cambiamenti come momenti di incertezza.
L’estate, con i suoi ritmi lenti e sospesi, rappresenta una parentesi di libertà.
Settembre, invece, spalanca la porta al dovere, agli impegni, alle scadenze.
È il classico esempio di transizione di ruolo: da “io che mi concedo” a “io che devo performare”.
E come in ogni transizione, può emergere ansia.
Perché Settembre amplifica l’ansia
Tre sono i fattori che alimentano i September Scaries:
- La fine della leggerezza: l’idea che “la festa è finita” pesa più della fatica stessa del lavoro.
- Il confronto sociale: i feed di settembre si riempiono di “nuovi inizi” degli altri; chi si iscrive a un master, chi inizia un nuovo lavoro, chi parte con progetti ambiziosi.
E scatta la domanda: “Io a che punto sono?”. - La pressione del tempo: settembre segna anche un conto alla rovescia implicito: mancano pochi mesi alla fine dell’anno.
Ci si guarda indietro e si pensa: “Ho fatto abbastanza?”.
In altre parole, settembre è un crocevia: guardiamo indietro con giudizio e avanti con ansia.
Le conseguenze interiori
I September Scaries non sono solo un fastidio passeggero: possono generare veri e propri stati emotivi intensi, come:
- ansia anticipatoria: il pensiero fisso su tutto ciò che “torna a pesare”;
- senso di inadeguatezza: la percezione di non essere pronti o abbastanza all’altezza;
- demotivazione: invece di stimolare, la pressione finisce per bloccare.
Molti descrivono questo periodo con la frase:
“Mi sento come se la mia vita fosse in ritardo sulla tabella di marcia.”
Strategie per affrontarli
La buona notizia è che i September Scaries non sono una condanna, ma un segnale: ci stanno dicendo che serve cura, rallentamento, consapevolezza.
- Ritrovare il ritmo personale: riscrivere la propria agenda a partire da piccoli passi, non da obiettivi enormi.
- Scegliere cosa portare dall’estate: un’abitudine, una sensazione di libertà, un rituale di piacere quotidiano.
- Gestire il confronto: ricordarsi che i “nuovi inizi” che vediamo online sono solo trailer, non film completi.
- Normalizzare l’ansia: non è segno di debolezza, ma reazione naturale a un cambio di stagione e di ruolo.
Un passo alla volta
Forse il vero antidoto ai September Scaries non è lottare contro di essi, ma ascoltarli.
Sono un campanello che ci ricorda quanto bisogno abbiamo di equilibrio, di tempi umani, di obiettivi che non siano gare ma scelte personali.
Su Gitaigo crediamo che il benessere inizi proprio da qui:
dal concedersi il diritto a un ritmo unico, dal rifiutare cronometri invisibili, dal ricordarsi che la vita non è un ritorno da affrontare con ansia, ma un percorso da abitare con presenza.
Settembre non è un nemico.
È solo un invito a imparare a ricominciare, ogni volta, senza paura.