Uomini che sentono, ma non dicono
Giugno – Mese della Salute Mentale Maschile
Essere forti.
Essere risoluti.
Essere quelli che non si lamentano, che reggono, che stanno zitti.
È quello che ci è stato insegnato, no?
Che un uomo vero non piange.
Che un uomo vero risolve.
Che un uomo vero non ha tempo per i problemi emotivi.
Perché ha da fare. Ha da pensare. Ha da portare avanti tutto il resto.
E così, da generazioni, gli uomini sentono… ma non dicono.
Soffrono… ma non mostrano.
Crollano… ma in silenzio.
Quando il dolore non trova voce
Cosa succede quando il dolore resta imprigionato?
Succede che si trasforma.
In rabbia, in insonnia, in stanchezza che non passa.
In quel “sto bene” che in realtà vuol dire:
“Non so nemmeno da dove cominciare.”
Succede che si resta soli.
Anche in mezzo a una famiglia, a una relazione, a un gruppo di amici.
Perché se nessuno ti conosce davvero, nemmeno nei tuoi momenti più fragili,
allora cos'è che stai condividendo?
Succede che si comincia a pensare che il problema sei tu.
Che sei sbagliato tu se ti senti giù.
Che sei debole tu se senti il bisogno di parlare.
Che sei meno uomo tu, se hai bisogno di aiuto.
Ma la verità è un’altra.
La verità è che sentire non è il contrario di essere forti.
È il contrario dell’indifferenza.
Ed è proprio ciò che ci rende umani.
Salute mentale maschile: un tabù ancora vivo
Ancora oggi, nel 2025, parlare di salute mentale per molti uomini è un tabù.
Qualcosa che si evita. Che si minimizza.
Che si derubrica come “stress”, “periodaccio”, “cose che passano da sole”.
I dati lo confermano:
gli uomini accedono ai percorsi di supporto psicologico molto meno delle donne.
E spesso lo fanno tardi, quando il disagio ha già preso spazio.
Quando il dolore è diventato troppo grande per essere ignorato.
Non è che non ne abbiano bisogno.
È che non si sentono legittimati a chiederlo.
Perché nel profondo, ancora oggi, il messaggio è che un uomo deve farcela da solo.
Che parlare con uno psicologo è roba da deboli.
Da chi “non tiene botta”.
Che le emozioni vadano trattenute, non condivise.
Il peso della cultura patriarcale
Questa chiusura ha radici profonde.
È uno dei lasciti più radicati della cultura patriarcale:
un’educazione emotiva negata,
basata su modelli di virilità che escludono fragilità, cura e bisogno.
Un sistema che ha fatto credere a generazioni di uomini che chiedere aiuto fosse una colpa anziché un diritto.
Che ha confuso il silenzio con la forza.
E che ha reso invisibile, e a volte inaccessibile, tutto ciò che riguarda il benessere interiore.
Ma ogni cultura può cambiare.
E questo cambiamento comincia proprio da qui:
dal diritto degli uomini di sentirsi liberi di sentire.
Le emozioni non sono un nemico
Si può essere padri e avere paura.
Si può essere compagni e sentirsi persi.
Si può essere professionisti capaci e, allo stesso tempo, attraversare momenti bui.
Non c'è contraddizione.
C'è solo complessità.
Quella che ogni essere umano si porta dentro, anche se il mondo vorrebbe ridurla a uno stereotipo.
E allora, cosa possiamo fare?
Cominciare a parlare.
Non tutto in una volta. Non con chiunque.
Ma da qualche parte, sì.
Con qualcuno che non giudica, non corregge, non minimizza.
Possiamo iniziare a riconoscere che dire “sto male” non toglie nulla alla nostra dignità.
Anzi, la rafforza.
Perché ci vuole coraggio a mostrarsi per intero, anche nelle parti che fanno paura.
Un nuovo modo di essere uomini
Possiamo anche smettere di dire agli altri uomini:
“Resisti. Tieni duro.”
E iniziare a dire:
“Ci sono.”
“Sono passato da lì anch’io.”
“Parliamone.”
Essere uomini, oggi, non significa avere tutte le risposte.
Significa imparare a fare spazio anche alle domande.
Anche a quelle scomode. Anche a quelle che fanno tremare la voce.
Non sei solo
E allora, in questo Giugno dedicato alla salute mentale maschile, lasciamo andare l’idea del supereroe.
Del solitario invincibile.
Dell’uomo che non ha bisogno di niente.
Riscopriamo invece l’uomo che ascolta.
Che sente.
Che si prende cura di sé.
Se ti ritrovi in queste parole, o se pensi che qualcuno che conosci ne abbia bisogno, non restare nel silenzio.
Esistono spazi sicuri.
Esistono professionisti che sanno accogliere.
Esiste Gitaigo, per supportare chi fa fatica a cominciare.
Parlare è un atto rivoluzionario.
Farlo da uomini, ancora di più.
E non è mai troppo tardi per iniziare.