Una riflessione tra neuroscienze e vita vissuta
Irene era una donna come tante, con una vita apparentemente ordinaria.
Dopo una serie di perdite; il lavoro, una relazione, alcune certezze, si ritrovò improvvisamente ferma.
Non triste, ma immobile, come se qualcuno avesse premuto "pausa" sulla sua esistenza.
“Mi annoio,” diceva.
E subito dopo aggiungeva: “E mi sento in colpa.”
Nel mondo di oggi, quella frase suona quasi come una confessione.
La noia è diventata qualcosa da evitare, da nascondere, da riempire il più in fretta possibile.
Eppure, proprio in quello stato di apparente vuoto, la mente umana compie alcuni dei suoi processi più misteriosi e prodigiosi.
Il cervello in modalità silenziosa
Le neuroscienze hanno un nome per ciò che accade quando la mente si stacca dal compito immediato, quando non lavora, non parla, non si concentra su uno stimolo preciso.
Si chiama Default Mode Network: una rete di aree cerebrali che si attiva nel momento in cui siamo semplicemente con noi stessi.
È lì che la mente:
- rielabora ricordi,
- immagina futuri possibili,
- integra emozioni non ancora digerite.
In altre parole, il cervello non è mai fermo.
Anche nella noia, lavora per rimettere insieme i pezzi dell’esperienza.
Quando l’ozio era un lusso
Per secoli, il tempo vuoto è stato considerato uno spazio sacro.
Nell’antica Grecia, scholè non indicava solo il riposo, ma anche la condizione necessaria per la riflessione, la conoscenza, la creatività.
Oggi, invece, l’ozio ha perso dignità.
Ogni pausa dev’essere monetizzata, ogni attesa riempita, ogni momento vuoto rapidamente anestetizzato da uno scroll, una notifica, un contenuto qualsiasi.
E così, ci si annoia... ma non lo si ammette.
O lo si fa con vergogna, come se l’inattività fosse un difetto morale.
La noia come terreno fertile
Eppure, alcune tra le intuizioni più profonde nascono proprio in quei momenti di apparente sospensione.
Virginia Woolf parlava della “solitudine silenziosa” come di un lusso.
Leonardo da Vinci trascorreva ore a fissare pareti scrostate, aspettando che qualcosa emergesse.
In psicologia, è noto che i momenti di vuoto stimolano la creatività:
- permettono alla mente di uscire dalla linearità del pensiero logico,
- aprono spazi per soluzioni inaspettate,
- offrono l’occasione per ascoltare ciò che di solito viene soffocato dal rumore.
In altre parole, la noia non è tempo perso, ma tempo profondo.
Storie che si trasformano
Irene, nel tempo, non tornò a “fare” come prima.
Ma imparò a essere.
Camminava senza meta.
Scriveva appunti che non mostrerà mai a nessuno.
Rimaneva in silenzio ad ascoltare il suono della casa, del vento, della sua voce interiore.
Non era più utile in senso produttivo.
Ma qualcosa in lei era cambiato: aveva smesso di temere il vuoto.
E proprio lì dentro, aveva trovato nuove forme di significato.
Un invito a riconcigliarsi
Se in questo periodo capita anche a te di sentirti inutile, in slow motion o senza un senso...
non c’è nulla da aggiustare subito.
Non sempre dobbiamo colmare ogni buca.
A volte è uno spazio che chiede solo di essere abitato.
E se la noia ti mette a disagio, se riemergono emozioni confuse, se hai bisogno di far luce in quel silenzio, con Gitaigo puoi trovare uno spazio per farlo, senza fretta e senza giudizio.
Perché anche l’arte di non fare niente è un atto profondamente umano.
E non serve a distrarsi.
Serve, a volte, a ritrovarci.